Oltre ai prestiti recenti come Avatar, è sorprendente quante parole di uso comune siano d'origine indiana (se non proprio sanscrita). Una di queste è arancia o arancio. Secondo il "Vocabolario etimologico della lingua italiana" di O. Pianigiani, viene dal basso latino arangia e aurantia, "accostato per etimologia popolare al lat. AURUM, oro: dall'arab. NARANGI = pers. NARANG' e questo dal sscr. NÂGA-RANG'A, che propr. vale inclinazione dell'elefante ossia frutto favorito dagli elefanti. La N iniziale scambiata per l'articolo UN venne omessa come in Anchina per Nanchina. Dagli arabi la voce passò nella Spagna e da questa nelle altre lingue romanze."
Ora, in sanscrito
nāgaraṅga- significa davvero 'arancio', nel senso dell'albero. Ed è vero che
nāga- può indicare l'elefante, ma anche il serpente, alcune piante, il piombo, e altro ancora. E
raṅga- viene sì dalla radice
rañj-, che può voler dire 'essere affetto, eccitato, deliziato da', ma anche 'essere colorato, arrossarsi'. E infatti il primo significato di
raṅga- è 'colore, tinta', poi 'luogo di pubblico divertimento, teatro, arena', ma che voglia dire 'inclinazione' non risulta. E non ho trovato nemmeno conferma che gli elefanti siano particolarmente inclini a mangiare arance. E allora, forse conviene percorrere altre strade. Il senso di 'colore' è molto verosimile considerato che il frutto dell'arancio si distingue prima di tutto per il suo colore così caratteristico e luminoso (tanto che, come già visto, in latino è stato deformato in
aurantia, aurantium, e in francese diventa
orange, sempre richiamando l'oro). Allora, 'l'albero che ha i frutti del colore del
nāga', ma in che senso? Non certo nel senso dell'elefante. Forse del serpente?
E' vero che il 'Golden Tree Snake' in India presenta dei segni rossi-arancioni (
http://en.wikipedia.org/wiki/Chrysopelea), ma sembra un po' poco. Tuttavia, abbiamo accennato che alcune piante sono chiamate
nāga- (forse perché abitate da serpenti?) e in particolare - osserva il dizionario di Monier-Williams - la Mesua Roxburghii e la Rottlera Tinctoria.
Il nome comune in India per questa tintura è
kamala, che in sanscrito, secondo Monier-Williams, in un testo indica un'arancia. Non solo,
kamalā (a volte pronunciato
komala o
komola) si trova in assamese, bengali e oriya per indicare l'arancia
(
http://www.uni-graz.at/~katzer/engl/Citr_sin.html).
Questo potrebbe suggerire che in India il colore dell'arancia sia stato associato al colore dello 'zafferano del serpente' o della tinta
kamala della Rottlera (detta anche 'orange kamala'
http://www.flickr.com/photos/91314344@N00/2642064030/ ), e quindi sia stato chiamato 'che ha il colore del(l'albero) Nāga':
nāgaraṅga (probabilmente indicando prima il frutto che l'albero). Da questa forma, dovrebbe essere derivata una semplificata,
nāraṅga-, ben attestata anche in sanscrito per indicare l'arancio, e ancora usata in hindi per il frutto, al femminile (
nāraṅgī). Da questa forma di tipo pracrito (della lingua parlata) è sorta chiaramente quella persiana
nārang, che si è trasmessa poi all'arabo
nāranj, e da lì all'Europa, alla
naranja spagnola e alla nostra
arancia. Perciò, le illazioni su un'origine non indoaria (dravidica o altro) del termine appaiono ingiustificate; comunque non ci sono dubbi sull'origine indiana del nome, e pare certo che venga originariamente dall'India il frutto stesso, più precisamente dall'India nordorientale o sudorientale, dove diverse varietà sono state sfruttate da almeno 7000 anni (
http://www.buzzle.com/articles/history-of-orange-fruit.html).
Per concludere, in questi giorni in cui le arance sono diventate, in Calabria, una sorta di 'pomi della discordia', la storia di questo nome e di come si è trasmesso dall'India insieme al frutto può farci ricordare come l'umanità sia unita da antichi vincoli, suggellati dall'universale amore per ciò che è buono, come la polpa dell'arancia, e bello, come il suo colore...