mercoledì 8 dicembre 2010

L'ardore e la storia


Domenica scorsa è apparso in televisione, a 'Che tempo che fa', Roberto Calasso per parlare del suo ultimo libro: "L'ardore". Stimolante e meritevole impresa di comprensione della civiltà indiana dei Veda. Per ora ho letto solo interviste, presentazioni e brevi brani, e non posso discutere dei contenuti e delle interpretazioni, ma quello che già è emerso con chiarezza è la presentazione del contesto storico dei Veda del tutto in linea con gli stereotipi accademici. Non si può dare la colpa a Calasso di aver seguito le fonti classiche dell'indologia, ma il fatto che uno studio di 15 anni (tanti ha richiesto la preparazione di quest'opera) non abbia fatto emergere le teorie alternative che da più di 15 anni sono state avanzate a proposito degli Arii vedici e del loro rapporto con la civiltà harappana, è significativo e abbastanza triste. Calasso ha dato una presentazione del 'paradosso di Frawley' (lo studioso americano che sostiene una forma dell'identità vedico-harappana): una civiltà materiale (quella harappana) senza parola e una parola (i Veda) senza tracce materiali. Però lo accetta senza riconoscerne l'intrinseca improbabilità, come un affascinante enigma. E' vero che la civiltà vedica ha lasciato poche tracce visibili, i sacrifici vedici non facevano uso di templi e (a parte qualche eccezione) di immagini, ma di capanni e fuochi sacri. D'altro lato, pensare che la civiltà harappana, che occupava un milione di kmq. e comprende centinaia di siti, alcuni molto vasti, e faceva uso di una complessa scrittura, sia scomparsa senza lasciare memoria di sé, è cosa decisamente insostenibile. E così, un'opera che svolgerà un'importante funzione divulgativa sui Veda continuerà a inculcare il solito mito della discesa degli Arii da luoghi misteriosi nel 1500 a.C., portando il cavallo e la ruota con raggi (che invece esistevano anche nella civiltà harappana: sono stati trovati denti di cavallo in vari siti, e la ruota raggiata appare sia come simbolo della scrittura dei sigilli sia nelle linee dipinte su apparenti ruote piene dei carretti di terracotta). E milioni di telespettatori hanno imparato questa versione della storia dell'India e degli Arii come un dato di fatto... non mi presterò anch'io a chiedere un contraddittorio, del resto la trasmissione di Fazio non è un documentario di storia, però sarebbe venuto il momento di poter diffondere versioni più fondate del contesto in cui è cresciuta la civiltà vedica, radice della civiltà dell'India e ramo possente del grande albero indoeuropeo...

2 commenti:

  1. Dai lo sai benissimo che la vera "civiltà" primordiale non era manifesta sul piano fisico. Per questo non ci sono tracce materiali del loro passaggio. Sul piano fisico vivevano comunità di animali evoluti che "the first people" istruivano pazientemente. Poi per procedere nella evoluzione fu necessatio sperimentare la materia ostruente ed allora gli antichi si incarnarono in quei corpi che avevano pazientemente allevato per migliaia di anni.
    No?
    Non ci credi?
    Ma dai, siamo seri.
    Esistono altre spiegazioni possibili?
    Altrimenti finirai anche tu per credere ad assurdità come quella che l'uomo discende dalla scimmia!

    Francesco (detto il carpa)

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  2. Caro Francesco, non ho capito bene di cosa stai parlando, comunque non ho nulla contro l'evoluzionismo, ma non ho interesse a discuterne qui (in proposito ti consiglio http://www.aldopiombino.blogspot.com/). Ho fatto un discorso su periodi molto più vicini a noi di quelli dell'origine dell'Homo sapiens, e su cui abbiamo molte testimonianze archeologiche, anche se molti indologi sembrano disinteressarsene...

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