Si tratta di un'antologia di epigrammi, di perle di saggezza dal vasto mare della letteratura sanscrita. Nell'introduzione (a p.XVII) troviamo questo straordinario elogio:
"Abbiamo dato un'occhiata alla letteratura sentenziosa
degli altri popoli, perché meglio si vedesse di quanto la indiana a tutte va
innanzi e per ricchezza di raccolte e per varietà di argomenti e per profondità
di pensiero e per eleganza di forma. Certo le giova l'esprimersi in una lingua
di tale potenza fantastica e di tale struttura insieme trasparente e
pieghevolissima e atta a sottili e inaspettati ravvicinamenti di parole e
pensieri, quale il sanscrito."
Purtroppo, nel testo non c'è l'originale sanscrito, ma è comunque interessante leggere queste strofe in un'elegante traduzione d'epoca. Sceglierò quindi via via qualche sentenza per ogni settimana. Comincerò con quelle sul destino, per dare un'idea del più tipico atteggiamento indiano, che non è fatalista ma anzi fondato sull'intraprendenza dell'azione individuale, che, secondo la dottrina del karma, porta i suoi frutti da una vita all'altra, e in questa vita stessa:
204. Lo sforzo dell'uomo è il campo, il frutto delle azioni
il seme; dall'unione del campo e del seme matura la mèsse.206. Dal destino e dall'azione dell'uomo dipende il successo
di un'impresa; ma il destino è manifestamente la stessa azione umana in
un'esistenza anteriore.208. Come il carro non può camminare con una ruota sola, così
il destino non può compiersi se l'uomo non agisce alla sua volta.210. Non si lasci il proprio lavoro, pensando: "lo compirà il destino!"Chi, senza lavoro, può ricavare l'olio dai grani di sesamo?
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