mercoledì 18 agosto 2010

La rinascita di Nalanda


Nalanda è uno dei luoghi simbolo della storia dell'India, e dell'Asia intera. Fu forse il centro più internazionale dell'India antica, attivo almeno dal V al XII secolo. Produsse filosofia raffinatissima, capace di parlare ancora all'uomo contemporaneo, e che per certi aspetti è molto più attuale di tanta filosofia occidentale dopo la crisi della metafisica.
Vi si sviluppò infatti la scuola buddhista Madhyamika o della Via di Mezzo, che sostiene la relatività di tutti i concetti convenzionali, e la vacuità di un'esistenza intrinseca, indipendente e oggettiva dei fenomeni (nozione che ha interessato anche la fisica contemporanea). Un'altra scuola che vi fu coltivata fu quella Cittamatra, che sosteneva che tutta la realtà è della natura della mente o coscienza, proponendo la prima forma di idealismo della storia, più di mille anni prima di Berkeley, Fichte o Hegel. A questa scuola apparteneva il pellegrino cinese Xuan Zang, che  studiò a Nalanda nel VII secolo e ci ha lasciato bellissime descrizioni di questa istituzione nel colmo della sua fioritura.
Una di queste fa pensare a una pittura cinese: "Le torri riccamente ornate, e le torrette simili a fate, come cime di colline, sono raccolte insieme. Gli osservatori sembrano persi tra i vapori dell'alba e le stanze superiori sovrastano le nuvole. Dalle finestre si vedono i venti e le nuvole che producono nuove forme e, sopra l'altissima grondaia, l'unione del sole e della luna. Gli stagni, profondi e trasparenti, sono ricoperti di fiori di loto blu e di fiori Kanaka dal colore rosso intenso, mentre gli ubertosi boschetti di manghi diffondono ovunque la loro ombra salutifera. Tutte le corti all'intorno, dove affacciano le stanze dei monaci, sono di quattro piani. I piani sono sottolineati da dragoni aggettanti e cornicioni colorati. Ovunque i pilastri perlacei o rossi, scolpiti e ornati, si alternano alle balaustre riccamente adorne e ai tetti rivestiti con tegole che riflettono la luce in mille sfumature. I Sangharama dell'India sono miriadi, ma questo è il più importante per bellezza e altezza."
Per entrare a Nalanda, bisognava sostenere dei dibattiti di fronte ai 'guardiani delle porte', monaci particolarmente eruditi, e pare che su 10 candidati passassero solo 2 o 3. Xuan Zang così descrive lo svolgersi di corsi e dibattiti: "La giornata intera non è sufficiente a porre quesiti profondi e a rispondervi. Sono occupati nelle discussioni dalla mattina alla sera; gli anziani e i giovani si aiutano l'un l'altro... uomini di cultura, che desiderano acquisire velocemente fama nelle discussioni, vengono in questo luogo da città lontane per risolvere i propri dubbi e permettere al flusso della loro saggezza di dispiegarsi pienamente."
I monaci studiavano le varie scuole del Buddhismo, i testi sacri buddhisti, i Veda, le Upaniṣad, i Purāṇa, la filosofia Vedānta e Saṃkhya, la logica, la grammatica sanscrita, la legge, la medicina, la matematica, l'astronomia, l'astrologia, la magia, le belle arti, il tiro con l'arco, la danza e la musica (informazioni e citazioni tratte da M.L. Di Mattia, Una grande università, nell'enciclopedia Il Buddha, i Luoghi); e dalla biografia di S.H. Wriggings, Xuanzang. Un pellegrino buddhista sulla Via della Seta).
L'università, con la sua biblioteca, subì dei devastanti attacchi con l'arrivo dei conquistatori turco-afghani, in particolare Muhammad Khalji bin Bakhtyar nel 1193, ma la sua fine arrivò secoli dopo, visto che nel 1400 risulta ancora funzionante (http://en.wikipedia.org/wiki/Nalanda#Decline_and_end, confronta anche le interessanti considerazioni critiche, che cercano di ridimensionare iul ruolo distruttivo dell'Islam, di Elverskog, Buddhism and Islam on the Silk Road). Pare anche che la distruzione della biblioteca fu provocata in un'occasione da seguaci del brahmanesimo in seguito a un sacrificio del fuoco (vedi Dwivedi, Evolution of Education Thought, pp.157-8). Possiamo immaginare l'indifferenza o l'ostilità di questi guerrieri mussulmani verso un'istituzione di una religione profondamente estranea al loro modo di pensare (ammesso che ne sapessero qualcosa), che rappresentava un pericoloso centro di riferimento culturale (e di tesaurizzazione) della realtà socio-politica precedente all'arrivo del governo islamico. Si racconta che Muhammad Khalji prima di bruciare l'immensa biblioteca di Nalanda, chiese se vi fosse contenuto anche il Corano, e apprendendo che non c'era passò tranquillo all'opera di distruzione. E' un aneddoto che ricorda quello che raccontò Bar-Hebraeus della distruzione della biblioteca di Alessandria a opera degli arabi, secondo cui il generale ʿAmr ibn al-ʿĀṣ chiese al califfo Omar se dovesse distruggere la biblioteca, ricevendone la risposta che se quei libri contenevano cose già contenute nel Corano erano superflui, se contenevano cose diverse, meritavano di essere distrutti ( vedi http://en.wikipedia.org/wiki/Library_of_Alexandria, cfr. le critiche e controcritiche di questo aneddoto in http://it.wikipedia.org/wiki/Biblioteca_di_Alessandria#Distruzione_della_biblioteca). E' significativo come la religione del Libro possa condurre a distruggere biblioteche (è accaduto anche nel caso del cristianesimo con il Serapeo di Alessandria) da un angolo all'altro del mondo (una discussione di questi episodi in relazione a eventi ben più recenti si può trovare in un post dello scrittore indiano Muhammad Hussain).
Questo non significa che ciò sia un corollario necessario dell'Islam, e che ogni mussulmano avrebbe condiviso tale opera di distruzione: come è noto, gli arabi studiarono i libri dei filosofi greci, e Al Biruni, intorno al 1000, aveva studiato approfonditamente la scienza e la filosofia dell'India, accennando anche alla sua componente buddhista. Celebre è anche l'hadith secondo cui il profeta Muhammad aveva detto che merita cercare la conoscenza persino in Cina...



Recentemente su Repubblica.it Bultrini ha scritto del progetto di costruire una nuova università presso le rovine di Nalanda (vedi foto), come simbolica rinascita dell'istituzione antica (www.repubblica.it/esteri/2010/08/05/news/universita_budda-6080165/?ref=HREC2-11http://).
L'idea è interessante, perché vuole costituire un istituto accademico alternativo a quelli occidentali, finanziato da Singapore, Cina, India e Giappone, ma anche probabilmente da Australia e Nuova Zelanda, che evidentemente si sentono vicini alla causa asiatica (vedi articolo del Times of India).
Un particolare suggestivo è che tale progetto pare che sia stato ideato anche dal precedente presidente dell'India, il mussulmano Abdul Kalam, particolarmente sensibile al tema dell'istruzione(http://en.wikipedia.org/wiki/Nalanda_International_University). Le materie di studio dovrebbero essere studi buddhisti, filosofia e religioni comparate; studi storici; relazioni internazionali e (scienze per la) pace; business management e sviluppo; lingue e letteratura; ecologia e studi ambientali. C'è quindi un nesso col passato tradizionale di Nalanda e un'apertura verso studi d'avanguardia molto attuali. Un singolare ibrido, che in qualche modo continua la varietà di discipline dell'antica Nalanda, anche se la sua finalità e struttura si rivelerebbe molto diversa, decisamente 'secolare' (non per nulla coinvolge anche Amartya Sen, che già voleva estromettere il Dalai Lama dal progetto), traendo dall'antica istituzione forse solo una vaga ispirazione e una patina di nobiltà, ma offrendo anche un'interessante prospettiva per lo sviluppo di una nuova cultura indiana e asiatica. Se sarà solo una copia del modello occidentale, ce lo mostrerà la sua realizzazione.