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domenica 13 giugno 2010

Una prova genetica di una migrazione dall'India all'Europa


E' stato pubblicato online l'importante articolo del genetista americano  P.A. Underhill (et alia) sul gruppo genetico R1a (http://www.scribd.com/doc/23322591/Underhill-Et-Al-2009-Separating-the-Post-Glacial-Coancestry-of-European-and-Asian-Y-Chromosomes-Within-Hap-Lo-Group-R1a).


La mappa in verde qui sopra mostra la frequenza dell'aplogruppo R1a1a-M17, quella in rosso l'età calcolata in diverse regioni dell'Eurasia. Appare chiaramente che l'area più antica comprende il Sind e il Gujarat, con un'espansione verso ovest che trova nuove apparenti aree di irradiazione nel Caucaso e in Polonia. Si dice nell'articolo: “Analysis of associated STR diversity profiles revealed that among the R1a1a*(xM458) chromosomes the highest diversity is observed among populations of the Indus Valley yielding coalescent times above 14 KYA (thousands of years ago), whereas the R1a1a* diversity declines toward Europe where its maximum diversity and coalescent times of 11.2 KYA are observed in Poland, Slovakia and Crete.”
Quindi, nella valle dell'Indo l'aplogruppo R1a1a risulta più antico del 12000 a.C., mentre in Polonia, Slovacchia e Creta risalirebbe al 9200 a.C. circa.
Ancora: “Also noteworthy is the drop in R1a1a* diversity away from the Indus Valley toward central Asia (Kyrgyzstan 5.6 KYA) and the Altai region (8.1 KYA) that marks the eastern boundary of significant R1a1a* spread”.
Quindi, nel Kirghizistan, che pure ha un'alta percentuale di individui portatori di R1a1a, l'antichità di questo aplogruppo appare risalire solo al 3600 a.C., nell'Altai al 6100 a.C.
Quindi, sulla base di questi calcoli arriviamo alla conclusione che una popolazione sudasiatica si diffuse prima verso l'Europa, e più tardi verso l'Asia centrale. Non c'è dunque una migrazione antica dall'Europa verso l'Asia meridionale, o dall'Asia centrale verso quella meridionale, ma l'opposto. 
Se vogliamo collegare l'aplogruppo R1a1a con gli Indoeuropei, idea che rimane attraente, visto che sembra essere il solo aplogruppo che unisce con frequenze significative Indoarii, Iranici, Anatolici, Greci, Slavi e Germanici (meno i parlanti lingue romanze o celtiche), dovremmo ammettere che l'origine degli Indoeuropei è nell'Asia meridionale, e non in Europa orientale. Qui, troviamo una mutazione dell'aplogruppo, chiamata da Underhill R1a1a7:
“In Europe a large proportion of the R1a1a variation is represented by its presently identified subclade R1a1a7-M458 that is virtually absent in Asia. Its major frequency and relatively low diversity in Europe can be explained thus by a founder effect that according to our coalescent time estimation falls into the early Holocene period, 7.9±2.6 KYA. The highest regional date of 10.7±4.1 KYA among Polish R1a1a7 carriers falls into the period of recolonization of this region by Mesolithic (Swiderian and subsequent cultures) settlers. […] It should be noted, though, that the inevitably large error margins of our coalescent time estimates do not allow us to exclude its association with the establishment of the mainstream Neolithic cultures, including the Linearbandkeramik (LBK), that flourished ca. 7.5-6.5 KYA BP in the Middle Danube (Hungary) and was spread further along the Rhine, Elbe, Oder, Vistula river valleys and beyond the Carpathian Basin.”
Quindi, sembra che l'R1a1a7 sia sorto in Polonia tra il 12800 e il 4600 a.C., in una cultura che può essere quella mesolitica o quella neolitica della ceramica lineare che si diffuse tra Ungheria, Balcani, Germania e Polonia (http://it.wikipedia.org/wiki/Cultura_della_ceramica_lineare). In tal modo, il popolo portatore dell'R1a1a nell'Europa orientale può essere associato alla rivoluzione neolitica in quest'area.

L'antichità di questa subclade e la sua assenza in Asia mostrano che non c'è stata migrazione dall'Europa all'Asia centrale in tempi recenti: “Although the R1a1a* frequency and diversity is highest among Indo-Aryan and Dravidian speakers, the subhaplogroup R1a1a7-M458 frequency peaks among Slavic and Finno-Ugric peoples. Although this distinction by geography is not directly informative about the internal divisions of these separate language families, it might bear some significance for assessing dispersal models that have been proposed to explain the spread of Indo-Aryan languages in South Asia as it would exclude any significant patrilineal gene flow from East Europe to Asia, at least since the mid-Holocene period.”

Poiché il periodo del medio Olocene è intorno al 4000 a.C., ciò significa che dopo quell'epoca, che è il limite minimo per l'origine della subclade R1a1a7, non possiamo supporre una migrazione dall'Europa all'Asia centrale e meridionale, e questo confuta tutte le teorie che suppongono che il popolo Kurgan della regione del Mar Nero andò verso l'Afghanistan durante la civiltà di Battriana e Margiana (BMAC, del III-II mill. a.C.) e poi in India (II mill. a.C.).
D'altro lato, la migrazione del popolo dell'R1a1a dall'Asia meridionale all'Europa appare molto più antica di quanto si è ipotizzato normalmente per la diffusione delle lingue indoeuropee, prima dell'età del Bronzo, durante il periodo mesolitico o neolitico. Quindi, se colleghiamo l'R1a1a con i parlanti indoeuropeo, dobbiamo antedatare questa diffusione, e vedere gran parte dell'Europa neolitica come già indoeuropea, rovesciando la teoria di Gimbutas sull'Europa antica, pre-Kurgan, come un mondo agricolo pacifico non indoeuropeo. D'altronde, anche un sostenitore dell'ipotesi Kurgan come Villar ha riconosciuto nella toponimia iberica uno strato indoeuropeo risalente all'epoca neolitica. Quanto all'Alteuropäisch del Krahe, ovvero quella terminologia che si trova solo nelle lingue indoeuropee d'Europa centrale e occidentale, ma non in greco o in sanscrito, potrebbe essere legata al popolo dell'R1a1a7, che, significativamente, è assente anche in Grecia. Tale data antica dell'arrivo dei portatori dell'R1a1a e delle lingue indoeuropee contraddirebbe comunque la teoria della continuità paleolitica di Alinei e Costa, perché attribuirebbe le culture paleolitiche a popolazioni preindoeuropee.
D'altronde, non tutto l'R1a1a in Europa è R1a1a7, quindi forse non possiamo escludere successive migrazioni di popoli dall'Asia all'Europa, portando le lingue indoeuropee (tra cui il greco, molto più vicino al sanscrito o all'iranico di altre lingue europee): abbiamo esempi di migrazioni in Europa di popoli iranici come Sciti, Sarmati e Alani, e dei Rom e Sinti indiani, anche in tempi storici.

mercoledì 9 dicembre 2009

La ricerca genetica rivela la storia remota della popolazione dell'India e degli Indoeuropei


Un nuovo studio genetico molto dettagliato, compiuto da scienziati basati in India e negli Stati Uniti, ha rivelato che la popolazione dell'India è il risultato di due componenti principali, una meridionale più antica (di 65000 anni fa) e una settentrionale apparsa nel subcontinente 45000 anni fa. Questa componente settentrionale è affine alle popolazioni centrasiatiche, mediorientali ed europee, mentre quella meridionale si rivela molto isolata, anche se nel corso dei millenni si è ampiamente mescolata con quella settentrionale, dando origine agli Indiani attuali.
La presunta invasione aria del II millennio a.C. risulta eclissata da questi dati, e l'origine delle caste è individuata in usanze endogamiche emerse dalle tribù locali, e non da invasioni esterne.
Qui si possono leggere due presentazioni divulgative:
E qui si possono trovare numerose informazioni integrative liberamente disponibili:
http://www.nature.com/nature/journal/v461/n7263/extref/nature08365-s1.pdf-s1.pdf




























Un altro studio interessante e recente è quello di Underhill &c. (vedi qui), specificamente incentrato sulla vexata quaestio dell'aplogruppo R1a, associato agli Indoeuropei.
La scoperta più significativa è che gran parte degli R1a europei appartengono a una ramificazione (denominata R1a1a7) che risulta limitata all'Europa (inclusi Caucaso e Turchia, vedi mappa in alto a destra), negando quindi un'invasione di questo ramo europeo in India.
Non solo, come mostra una tabella dell'articolo (vedi qui), l'origine dell'aplogruppo R1a1a risulta nell'attuale India occidentale, 15800 anni fa, seguita dal Pakistan (15000 anni fa) e dal Nepal (14200 anni fa). In Caucaso risalirebbe a 12200 anni fa, in Polonia a 11300 anni fa, in Italia a solo 5900 anni fa. Queste datazioni non vanno naturalmente prese alla lettera, calcolano convenzionalmente generazioni di 25 anni, e si basano su metodi non del tutto universalmente accettati, però possono darci interessanti indicazioni sui movimenti di questo lignaggio genetico maschile, che sembrerebbe ben anteriore al supposto periodo di diffusione delle lingue indoeuropee. Non corrisponderebbe né alle teorie di Alinei e Costa (che suppongono i parlanti indoeuropeo come i primi abitanti dell'Europa), né a quelle di Renfrew (che suppone l'origine dell'indoeuropeo nella rivoluzione neolitica anatolica), né a quelle della Gimbutas sull'invasione indoeuropea dall'Ucraina dei Kurgan. Quest'ultima tesi però, piuttosto accreditata tra gli indoeuropeisti, potrebbe avere qualche validità relativamente all'Europa, visto che l'R1a1a si è diffuso a partire dall'Europa orientale, anche se stranamente nell'Ucraina dei Kurgan l'R1a1a, secondo lo studio di Underhill, risale a soli 7400 anni fa, ben più tardi della Polonia, tuttavia certamente prima dell'inizio delle culture Kurgan (datate a partire dal 4500 a.C., vedi http://en.wikipedia.org/wiki/Kurgan_culture#Kurgan_culture).
E' interessante quello che osserva lo stesso studio a proposito del sottogruppo R1a1a7:
"Its highest frequencies are in Central and Southern Poland, particularly near the river valleys flowing northwards to the Baltic sea. The authors estimated an age which associates this sub-clade with the Corded Ware Culture." (http://en.wikipedia.org/wiki/Haplogroup_R1a_(Y-DNA))
Sembrerebbe quindi probabile un'associazione della cultura della ceramica a cordicella (Corded Ware Culture), che si diffuse a partire dal 3200 a.C. nell'Europa centro-orientale, e fiorì nell'età del bronzo, introducendo i metalli nell'Europa settentrionale. Nel XIX secolo, vi fu addirittura chi la identificò come la culla del protoindoeuropeo, ma oggi si suppone piuttosto che sia all'origine delle lingue balto-slave, germaniche, celtiche e italiche (vedi http://en.wikipedia.org/wiki/Corded_Ware_Culture#cite_ref-7).

In conclusione, se vogliamo trovare un nesso tra genetica e lingue, potremmo ipotizzare che il protoindoeuropeo si sia formato nell'Asia meridionale occidentale in popolazioni R1a1a, che si sono poi espanse sia nell'India settentrionale sia nell'Asia centrale e nell'Europa orientale, creando un'area protoindoeuropea (la 'Aryan belt' di Sethna, tra Ucraina e India settentrionale) forse soprattutto in epoca neolitica. La trasmissione di termini relativi ai metalli, ai carri, ecc., potrebbe essere avvenuta anche successivamente nella stessa area.




domenica 15 novembre 2009

La stagione di gloria degli Indoarii nel Vicino Oriente

Nel post sugli Etruschi, avevo accennato alla presenza di Indoarii in Anatolia e nel Vicino Oriente. Questa presenza inaspettata è emersa grazie alla scoperta del trattato tra Matiwaza di Mitanni e il re ittita Suppiliuluma, che presentava chiaramente le divinità vediche Mitra, Varua, Indra e i Nāsatya, e dei nomi indoarii dei regnanti di Mitanni, come il fondatore Kirta, che richiama il sanscrito kīrti- 'gloria', oppure Artadāma (scr. tadhāman- 'che dimora nell'ordine cosmico'), o Tu(i)shra(t)ta (scr. *tviratha-, tvearatha- 'che ha carri impetuosi o splendenti'). Il regno di Mitanni si estese sull'Alta Mesopotamia fino alla costa mediterranea, come mostra la cartina, ed era abitato prevalentemente da Hurriti, una popolazione di lingua non indoeuropea; la dinastia però era evidentemente di origini indoarie, e regnò sulla regione dal XV al XIII sec. a.C., giungendo a farsi vassalla l'Assiria, da cui finì conquistato. Il culmine del potere fu agli inizi del XIV secolo, sotto Shuttarna II (o Sudarna, equivalente secondo Dumont a *Sudharaa 'che sostiene bene'), che diede sua figlia Kilu-hepa in sposa al faraone Amenhotep III. Questi sposò anche la figlia del successore di Shuttarna, Tushratta, chiamata Tadu-hepa, in seguito presa in moglie anche da Amenhotep IV, più noto come Akhenaton, il famoso faraone 'monoteista'. Ci sono rimaste anche lettere di Tushratta ad Akhenaton, una a proposito del dono di statue d'oro di lui stesso e della figlia Tadu-hepa, promesse come dote per il suo matrimonio con Amenhotep III (http://en.wikipedia.org/wiki/Akhenaten).

Ciò dimostra l'importanza di Mitanni (di cui vediamo qui a destra un sigillo reale) e della sua dinastia 'indo-aria' nel panorama delle grandi potenze del Vicino Oriente. Ma meno nota è la presenza indo-aria a Babilonia, nella cosiddetta dinastia Cassita. Un interessante studio sulla lingua di questa dinastia è quello di A. Ancillotti, "La lingua dei Cassiti", del 1981. Nell'introduzione storica, nota che il fondatore della dinastia è ritenuto Gandaš, alla fine del XVIII sec. a.C., perché primo a insediarsi all'interno del territorio babilonese, provenendo dall'Iran. Ma l'insediamento della dinastia a Babilonia lo data all'inizio del XVI secolo, con Agum II. Babilonia fu ribattezzata Karanduniaš, e fu poi fondata una nuova capitale, Dur-Kurigalzu, in onore del re Kurigalzu del XV secolo. Secondo Ancillotti, i Cassiti portarono un sistema feudale, articolato in monarchie locali tributarie del re di Babilonia. Si afferma la datazione basata sul numero degli anni di regno del sovrano, e si istallano le pietre di confine (kudurru), sulle quali, dal 1200 a.C., si incontra l'uso di nomi di famiglia, prima non attestato. Particolarmente significativa è l'introduzione della cavalleria da guerra e dei carri da guerra, "insieme ad una evoluta arte ippologica". Questo è un elemento certamente notevole in rapporto all'identità indoaria di questa dinastia, visto che nel XIV secolo l'arte dell'allevamento dei cavalli fu illustrata con grande precisione da Kikkuli, addestratore di cavalli (assussanni, cfr. scr. aśva-sani- 'che ottiene o procura cavalli') di Mitanni, nel suo trattato scritto in ittita, ma con alcuni termini chiaramente indoarii, quali aika-, tera-, panza-, satta-, nā-wartanna, corrispondenti a scr. eka-, tri-, pañca-, nava-vartana 'uno, tre, cinque, sette, nove giri'. Documenti di Nuzi, nella Mesopotamia settentrionale, sotto l'influsso di Mitanni, troviamo aggettivi per i cavalli molto simili a quelli sanscriti: babru-nnu (scr. babhru, 'marrone'), parita-nnu (scr. palita, 'grigio'), e pinkara-nnu (scr. pigala, 'fulvo'). Nelle lettere di Amarna (capitale di Akhenaton in Egitto) e nei testi accadici, si menzionano i maryannu, guerrieri conduttori di carri, il cui nome è stato confrontato con il sanscrito marya- 'giovane guerriero', con il solito suffisso hurrita -nnu.

Ora, l'Ancillotti individua analoghi termini indoarii in contesto cassita. Già prima di lui si erano riconosciuti alcuni teonimi arii, come Suriyaš, scr. Sūrya 'Sole'. Ma Ancillotti si spinge oltre. Riconosce come aria gran parte dell'onomastica, e appunto del lessico dell'ippologia, oltre a vari teonimi. Il lessico relativo al carro da guerra comprende alaka (scr. araka- 'raggio della ruota'), akkandaš (scr. aṅkānta-s 'cerchione'), ecc.; le denominazioni dei tipi di cavalli sono sirpi (scr. śilpī 'pezzato'), timiraš (scr. timira-s 'scuro').

Tra i nomi di divinità, che si trovano anche nei nomi di sovrani, abbiamo Indaš, corrispondente al vedico Indra; Maruttaš, scr. māruta-s, che indica gli dèi della tempesta; Bugaš, scr. bhaga-s, nome di uno degli dèi Āditya o anche genericamente 'dispensatore' e 'fortuna, prosperità, maestà', ecc.

Ancillotti passa in rassegna numerosi termini, spiegandone la possibile origine aria secondo certe leggi fonetiche, e arriva a sostenere che il nome che i Cassiti (così chiamati dagli appellativi accadici e greci) davano a se stessi, era 'Kuru'. A chiunque conosca un po' la tradizione indiana, questo nome evoca immediatamente il Mahābhārata e Kurukshetra, il territorio dove si è combattuta la battaglia, già sacro per la presenza del fiume Sarasvatī.

Come arriva a questa conclusione? Perché il già menzionato nome di un re cassita, Kurigalzu, è tradotto in accadico come 'pastore dei Cassiti', e Ancillotti ritiene che sia -galzu a significare 'pastore'. Esiste anche il nome Kuriyani, da accostare a scr. yānī 'conduttore', quindi 'conduttor dei Kuru'. Non solo, un nome proprio maschile e nome di cavallo è Kurukšebugaš, da un ipotetico Kuru-kaya-, dove kaya- indica in sanscrito 'dimora' e anche 'che risiede', dunque il termine potrebbe essere secondo Ancillotti 'Bugaš risiedente tra i Kuru' o 'Bugaš è la dimora dei Kuru'. Ma kaya- può significare anche 'famiglia, stirpe', certo in quanto 'casa, casata', quindi Kurukšebugaš potrebbe anche essere 'fortuna della stirpe dei Kuru'.

Ancillotti è un invasionista, rispetto all'India, quindi ritiene che i Kuru fossero una tribù centrasiatica che è andata sia in Vicino Oriente che nel subcontinente indiano, ma noi possiamo supporre che essa sia invece d'origine indiana, come mostrano i nomi di divinità, i termini relativi ai carri e ai cavalli.

Tirando le fila, possiamo ipotizzare che a partire dal XVIII sec. a.C. gruppi di guerrieri indiani siano partiti verso occidente, in un periodo effettivamente segnato nell'India nordoccidentale da crisi ambientali e conflitti, e si siano affermati grazie alla loro capacità di combattere con carri trainati da cavalli, ma certo anche a capacità politiche e amministrative. Questi appaiono ben presenti nel Rigveda, che io dato nella prima metà del II mill. a.C., con una fase particolarmente importante intorno al 1900 a.C., quando si dovrebbe situare la Battaglia dei Dieci Re. Secondo la mia cronologia delle genealogie, lo stesso Kuru, capostipite della dinastia, si può situare intorno al 1886 a.C., quindi ben prima dell'arrivo dei Cassiti in Mesopotamia, che di conseguenza sarebbero potuti essere dei Kuru, anche se probabilmente mescolati con popolazioni di altra etnia assimilate lungo il percorso verso la valle del Tigri e dell'Eufrate.

Questi guerrieri, che appartenessero ai Kuru o ad altre stirpi aristocratiche, mantennero una loro identità culturale per alcuni secoli, come attestato nell'onomastica e dai teonimi, ma naturalmente, come minoranza, ebbero la tendenza ad assimilarsi alle culture locali. E' affascinante immaginare dei principi di origine indiana alla guida di regni mediorientali, a contatto con altre antiche civiltà, divisi tra il culto dei loro dèi ancestrali e quelli dei loro sudditi, tenaci nel mantenere alcune tradizioni della loro terra lontana. Quando si persero nell'oblio cosa lasciarono in eredità? Certamente i loro carri e cavalli, ma forse anche altro. Parte della loro lingua potrebbe essere rimasta nei dialetti curdi e nell'armeno, visto che curdi e armeni hanno vissuto nel territorio del regno di Mitanni e del successivo regno di Shupria (confrontabile col scr. supriya- 'molto piacevole') presso il lago Van (http://en.wikipedia.org/wiki/Shupria).

Geneticamente, si è notato che l'aplogruppo R1a-M17 (associabile agli Indoarii) ha una frequenza di circa il 6,9% in Turchia, è più frequente nelle parti orientali, ed è analogo a quello che si trova in Armenia: ("The higher frequency of R1a1-M17 lineages in eastern Turkey is consistent with an entry into Anatolia via the Iranian plateau where the associated variance is appreciably higher (Quintana-Murci et al. 2001). The most common R1a1-M17 haplotype in Armenia (Weale et al. 2001)matches the most common in Turkey." Vedi Excavating Y-chromosome haplotype strata in Anatolia http://hpgl.stanford.edu/publications/HG_2004_v114_p127-148.pdf).

Inoltre, se la tesi sugli etruschi di Bernardini Marzolla è giusta, la loro eredità culturale si sarebbe spinta fino all'Italia, tramite l'Anatolia. Si potrebbe dire che il II millennio a.C. sia stata la fase dell'espansione indiana verso occidente, un'espansione di piccole élites, ormai separate dalla madrepatria. Una simile espansione non si sarebbe ripetuta nel millennio successivo, quando si affermò la potenza persiana sull'altopiano iranico, e la civiltà dell'India trovò un nuovo baricentro nella valle del Gange.

giovedì 16 aprile 2009

Invasione aria dell'India: mito o realtà?

In risposta al recente commento da 'Orientamenti', blog orientalista, sulla questione di una migrazione 'aria' o 'indoeuropea' proveniente dall'esterno dell'India, cito un altro articolo di genetica recente, di Sengupta e altri, apparso sull'American Journal of Human Genetics del febbraio 2006

our overall inference is that an early Holocene expansion in northwestern India (including the Indus Valley) contributed R1a1-M17 chromosomes both to the Central Asian and South Asian tribes prior to the arrival of the Indo-Europeans.

there is no evidence whatsoever to conclude that Central Asia has been necessarily the recent donor and not the receptor of the R1a lineages.

Questo significa che le teorie che hanno circolato sull'origine centrasiatica dell'R1a1 in India non sono sostenibili, ma anzi sembra vero il contrario, che l'Asia centrale abbia una presenza più recente rispetto all'area indiana dell'R1a1, il gruppo genetico candidato a rappresentare gli indoeuropei. L'articolo di Sengupta continua a dare per buono il dogma dell'arrivo degli Indoeuropei, senza collegarlo all'arrivo di questo gruppo come hanno fatto altri genetisti, ma non dà prova di tale migrazione.
Inoltre, gli studi dell'antropologo fisico K.A.R. Kennedy sugli scheletri harappani gli hanno fatto concludere che sono sostanzialmente affini a quelli delle popolazioni attuali e comunque non vi sono discontinuità tra il 4500 e l'800 a.C., quindi nemmeno nel periodo indicato per l'invasione aria, ovvero il II millennio a.C.
L'indologo Edwin Bryant, intervistando gli archeologi indiani negli anni '90, ha notato che l'opinione prevalente è che non ci sono prove dell'invasione. E ancora gli archeologi Shaffer e Lichtenstein hanno scritto nel 1999:

Outside influences did affect South Asian cultural development in later historic periods, but an identifiable cultural tradition has continued, an Indo-Gangetic Tradition linking diverse social entities which span a time period from the development of food production in the seventh millennium BC to the present.

Questo significa che l'archeologia non ci permette di parlare di una discontinuità della civiltà dell'India, quale si supponeva sulla base della teoria dell'invasione aria. Occorre chiedersi come sia sorta questa teoria, su basi meramente linguistiche (con pregiudizi eurocentrici), e come sia diventata un dogma accettato senza le più elementari precauzioni critiche.

Leggendo le pubblicazioni indologiche, colpisce come si parli della migrazione indoeuropea in India nel II millennio a.C. come un dato di fatto, senza darne nessuna prova. E' un'idea ricevuta dagli accademici del passato, tramandata proprio come un mito fondativo, e difesa strenuamente come un credo, la cui messa in discussione potrebbe far traballare le fondamenta della Chiesa indoeuropeistica... Gli anti-invasionisti sono costretti ad assumere i toni veementi di un Lutero, e ad essere emarginati come pericolosi eretici!


sabato 28 febbraio 2009

Ebrei più 'ariani' dei norvegesi e brahmani imparentati con i rabbini?

Una nota sulla presenza di R1a1 nei popoli indoeuropei: secondo l'articolo dell'American Journal of Human Genetics dell'ottobre 2003, n.73, che tratta l'origine dei Leviti Ashkenaziti (http://www.pubmedcentral.nih.gov/articlerender.fcgi?artid=1180600) risulta che tali stirpi ebraiche dallo speciale status religioso, diffusesi nell'Europa orientale, hanno ben il 51% di R1a1 (forse a causa della commistione con i Khazari convertiti all'ebraismo, appartenenti a un'area con alta frequenza di questo gruppo genetico). D'altro lato, i presunti 'ariani' tedeschi nel loro complesso hanno solo il 12,5% di R1a1, e i norvegesi il 21,69%. Se dunque l'R1a1 è il marcatore degli 'Ariani' o Indoeuropei, i Levi Ashkenazi sono più ariani dei norvegesi e dei tedeschi! Meraviglie della moderna genetica, che si rivela un sorprendente antidoto al razzismo...
In effetti, il concetto di 'ariano' viene dall'India e dall'Iran, dove il termine ārya/airya significa essenzialmente 'nobile', ed era usato per identificare i membri delle caste alte e in senso lato il loro popolo. I razzisti europei si erano appropriati di questa idea di nobiltà e l'avevano applicata alla loro convinzione della superiorità della razza bianca nordica, creando così un ibrido assurdo, ma dalle conseguenze molto concrete (vedi anche http://en.wikipedia.org/wiki/Aryan).
Il fatto che il gruppo genetico che unisce gli 'indoeuropei' non abbia a che fare primariamente con genti nordiche ci mostra tutta l'inconsistenza di questa teoria, purtroppo ancora presente in movimenti di estrema destra (persino in Iran), e la sua alta frequenza in stirpi ebraiche ci fa riflettere sul carattere primariamente culturale delle identificazioni in ambiti 'indoeuropei' o 'semitici', anche se gli Ebrei danno una notevole importanza alla discendenza di sangue (come dimostra al contrario la forte natura 'vicino-orientale' dell'affiliazione genetica dei Cohanim ashkenaziti, come si vede nella tavola http://www.pubmedcentral.nih.gov/articlerender.fcgi?artid=1180600&rendertype=table&id=TB1).
Un altro paradosso: l'appartenenza al gruppo R1a1 significa anche che molti Levi (in origine servitori del Tempio e dopo la diaspora spesso impegnati come rabbini) sono geneticamente affini a molti brahmani (vedi sotto il post 'Nuove scoperte...'), come a confermare l'affinità tra le due 'caste' di religiosi, che ha dato luogo anche a comparazioni fenomenologico-religiose... ma naturalmente questa è solo una fortuita conseguenza dei movimenti di popoli.

venerdì 20 febbraio 2009

Nuove scoperte sulle origini dei brahmani e degli indoeuropei

Un recentissimo articolo (pubblicato il 9 gennaio) del Journal of Human Genetics
(http://www.nature.com/jhg/journal/v54/n1/abs/jhg20082a.html) riporta una notizia importante negli studi sulle origini genetiche della casta dei brahmani:
"The observation of R1a* in high frequency for the first time in the literature, as well as analyses using different phylogenetic methods, resolved the controversy of the origin of R1a1*, supporting its origin in the Indian subcontinent. Simultaneously, the presence of R1a1* in very high frequency in Brahmins, irrespective of linguistic and geographic affiliations, suggested it as the founder haplogroup for the population. The co-presence of this haplogroup in many of the tribal populations of India, its existence in high frequency in Saharia (present study) and Chenchu tribes, the high frequency of R1a* in Kashmiri Pandits (KPs—Brahmins) as well as Saharia (tribe) and associated phylogenetic ages supported the autochthonous origin and tribal links of Indian Brahmins, confronting the concepts of recent Central Asian introduction and rank-related Eurasian contribution of the Indian caste system."

Questo significa che i Brahmani, diversamente dalla teoria dell'invasione 'ariana' dell'India, non sono venuti da fuori, ma sono originari dell'India, infatti condividono una forte presenza e differenziazione (quindi antichità) del gruppo genetico R1a1 con i tribali, come i Saharia che non parlano nemmeno una lingua indoeuropea, ma munda (del gruppo austroasiatico). La cartina qui sopra ci indica proprio l'intensità della differenziazione o variabilità di questo aplogruppo con la sua massima concentrazione nell'India settentrionale (il suo picco è tra i Brahmani del Kashmir).


Questa cartina ci mostra invece l'intensità della frequenza di questo aplogruppo (del cromosoma Y, quindi del lignaggio maschile) R1a1, mostrandoci che è ben presente anche nell'Europa orientale, quindi, unendo popoli parlanti indoeuropeo come gli Indiani, alcuni Iranici e molti Slavi (nell'Europa occidentale è più raro), è stato candidato a marcatore degli Indoeuropei. Ora, se tale aplogruppo risulta originario della regione indiana, diversamente da una precedente teoria che lo voleva originario dell'Ucraina (vedi la pagina Wikipedia su R1a :
http://en.wikipedia.org/wiki/Haplogroup_R1a_(Y-DNA), ciò significherebbe che l'origine degli Indoeuropei potrebbe essere proprio in quest'area, come supposto dai primi studiosi europei del sanscrito (ad esempio Friedrich von Schlegel)!

Naturalmente non bisogna confondere genetica e linguistica, ma questo è un dato da non ignorare nelle future discussioni sull'origine etnica dei parlanti indoeuropeo, che tra l'altro smentirebbe la versione nordica delle ideologie razziste, degli Ariani biondi e con gli occhi azzurri...