domenica 31 maggio 2009

Mille sentenze indiane - I Nobili e i Vili - 4

441. « Chi sei tu, rosso di occhi, di becco e di piedi? » - Un cigno reale. - « Donde vieni? » - Dal lago Mânasa. - « Che c'è laggiù? » - Cespugli di loti d'oro, acqua come l'ambrosia, perle a mucchi, gemme e coralli, germogli di berillo. - « E non ci sono chiocciole? » - No. - Avendo così udito, gli aironi fecero: « Ohibò, ohibò! »

444. Il cigno non risplende in mezzo a uno stuolo di cornacchie; il leone, in una torma di sciacalli; il cavallo di razza, in un gruppo di asini; il dotto, tra gli analfabeti.

448. Bene hanno fatto i cuculi a tacere al sopravvenire delle piogge; là dove gli oratori sono i ranocchi, è bello il silenzio.

449. Il cuculo beve il divino succo del mango, e non sʼinsuperbisce; il ranocchio beve l'acqua fangosa, e gracchia d'orgoglio.

459. Nessuno, nei tre mondi, fa attenzione a chi se ne sta mogio mogio; dovunque la gente sʼinchina a chi fa del chiasso, non alla virtù.


sabato 23 maggio 2009

Una nuova comprensione dell'Oriente

Abbiamo visto come Guénon sfidasse la visione occidentale del pensiero indiano, e come Sylvain Lévi fosse disposto ad accogliere la sfida. In effetti, anche se Guénon costituisce un caso particolare di una corrente di pensiero antimoderna ed esoterica, l’orientalismo occidentale in generale vive un ripensamento negli anni tra le due guerre mondiali, come nota Edward Said in Orientalismo (pp. 270-1 dell'edizione Bollati Boringhieri del 1991), dovuto alla crisi del colonialismo, con lo sviluppo di richieste di indipendenza da parte dei colonizzati, e a nuove prospettive nel campo delle scienze umane:
“Non si accettava più senza discutere che la dominazione europea sull’Oriente fosse un fatto pressoché naturale; né si presumeva che l’Oriente avesse bisogno dell’illuminismo occidentale. Ciò cui si dava importanza, nel periodo tra le due guerre mondiali, era un’autodefinizione culturale che trascendesse provincialismo e xenophobia.”
Un esempio di questa esigenza è in un articolo del 1931 dell’islamista H.A.R. Gibb, intitolato Literature, in The Legacy of Islam (p.209), citato sempre da Said (pp.269-70):
“[…] i romantici tedeschi […] per la prima volta si proposero consapevolmente di aprire una strada che permettesse l’ingresso in Europa dell’eredità della poesia orientale. Il secolo XIX, col suo nuovo senso di potenza e superiorità, parve chiudere la porta in faccia al loro progetto. Oggi, d’altra parte, si notano i segni di un cambiamento. La letteratura orientale è di nuovo studiata per il suo intrinseco valore, e si sta sviluppando una nuova comprensione dell’Oriente.Man mano che questa comprensione si diffonde e l’Est riacquista il suo posto nella vita dell’umanità, la letteratura orientale può ricominciare a svolgere la sua funzione storica, e aiutarci a superare le anguste e opprimenti concezioni che vorrebbero limitare tutto ciò che è significativo nel campo della letteratura, del pensiero e della storia alla nostra porzione del globo.”
C’è da chiedersi se questa apertura dei limiti della cultura occidentale sia avvenuta fino ad oggi, o sia rimasta limitata agli orientalisti…

sabato 16 maggio 2009

Mille sentenze indiane - I Nobili e i Vili - 3


428. Che i difetti diventino pregi in bocca dei virtuosi e i pregi difetti in bocca dei malvagi, dovrebbe forse far meraviglia? Ecco un nuvolo che, bevuta l'acqua salsa del mare, riversa acqua dolce; un serpente (invece), bevuto il latte, vomita veleno mortale.

429. Il modesto vien tacciato di stupidità, il religioso di ipocrisia, l'onesto di furberia, il coraggioso di durezza, l'asceta di demenza, il cortese di pochezza, l'energico di superbia, l'eloquente di loquacità, il costante di impotenza; quale pregio dei virtuosi si sottrae al marchio dei malvagi?

433. L'uomo probo, morsicato dal serpente delle parole uscite dalla bocca del malvagio, beve per contravveleno la soddisfazione della propria coscienza.

435. Krshna non si degnò rispondere al re dei Cedi, che lo insultava; il leone risponde col suo ruggito al tuono della nube, non all'urlo dello sciacallo.

436. Quel che gli onesti dicono scherzando, è sillaba incisa sulla pietra; quel che i malvagi giurano, è sillaba scritta sull'acqua.

martedì 12 maggio 2009

Nuove scoperte di archeologia harappana in India


Lo scorso marzo, è stata divulgata una importante scoperta archeologica presso il villaggio di Farmana in Haryana, India. Qui a sinistra potete vedere un'immagine degli scavi che ho scattato nel marzo 2008 durante una visita al sito, che è stato registrato dall'UNESCO. Per particolari sulle scoperte, si può vedere la notizia su un blog di archeologia preistorica: http://www.stonepages.com/news/archives/003205.html che trae le informazioni da articoli apparsi in India. Oltre all'interessante scoperta di un complesso di 26 stanze con cortile, che può indicare un 'palazzo' dell'élite, la scoperta più significativa è il cimitero con ben 70 sepolture, i cui scheletri saranno studiati per individuare l'alimentazione e l'identità genetica. Ora, queste sepolture presentano i tratti caratteristici harappani: forma rettangolare, orientamento nord-sud. Il direttore degli scavi, Vasant Shinde, sostiene: "All the graves are rectangular - different from other Harappan burials sites, which usually have oblong graves" ma possiamo citare S.P. Gupta in "Disposal of the Dead and Phisical Types in Ancient India" (Delhi 1972), p.75, che afferma che si seppelliva il corpo in 'oblong pits' che, quando scavati con più cura, "assumed rectangular shapes". Evidentemente, le tombe di Farmana appartengono a questa categoria. Shinde aggiunge: "The site shows evidence of primary (full skeleton), secondary (only some bones) and symbolic burials, with most graves oriented northwest-southeast, though there are some with north-south and northeast-southwest orientations as well. The variations in burial orientation suggests different groups in the same community"
Ora, vorrei fare un confronto con quello che dice lo Śatapatha Brāhmaa XIII.8.1.5 (uso qui la traduzione di Julius Eggeling riportata sull'ottimo sito http://www.sacred-texts.com/hin/sbr/sbe44/sbe44113.htm#fr_1132:
Four-cornered (is the sepulchral mound). Now the gods and the Asuras, both of them sprung from Pragâpati, were contending in the (four) regions (quarters). The gods drove out the Asuras, their rivals and enemies, from the regions, and, being regionless, they were overcome. Wherefore the people who are godly make their burial-places four-cornered, whilst those who are of the Asura nature, the Easterns and others, (make them) round, for they (the gods) drove them out from the regions. He arranges it so as to lie between the two regions, the eastern and the southern, for in that region assuredly is the door to the world of the Fathers: through the above he thus causes him to enter the world of the Fathers; and by means of the (four) corners he (the deceased) establishes himself in the regions, and by means of the other body (of the tomb) in the intermediate regions: he thus establishes him in all the regions.
Come si può vedere, la sepoltura è orientata verso sud-est proprio come la maggior parte delle tombe di Farmana. S.P. Gupta (ibidem) parla genericamente di orientamento nord-sud per le sepolture harappane, con la testa verso nord, e qui a Farmana abbiamo qualcosa di ancora più specifico, che coincide con le concezioni vediche espresse nello Śatapatha Brāhmaa, testo che io situerei dopo il 1300 a.C., ma che può ben conservare concezioni tradizionali immutate, come quella dell'associazione della regione sud-orientale con il mondo dei Padri. Non solo: secondo ŚBr.XIII.8.1.9, la regione nordoccidentale è la direzione 'dei viventi' (jīvānām).
Ancora: quando visitai il sito di Farmana l'anno scorso, andai anche in una spianata nelle campagne vicine dove avevano trovato alcuni resti di sepolture: tramite un giovane che conosceva l'inglese, feci chiedere ai contadini se il terreno era salato, ed essi dissero che era proprio così. Avevo fatto questa domanda perché uno studio sul cimitero del sito harappano di Kalibangan, di A.K. Sharma, "The Departed Harappans of Kalibangan" (New Delhi, 1999), p.104, notava che il terreno del cimitero ha un'alta percentuale di sale, e che questo coincideva con quello che diceva lo Śatapatha Brāhmaa, il quale infatti ingiunge (XIII.8.1.14):
He makes it on salt (barren) soil, for salt means seed; the productive thus makes him partake in productiveness, and in that respect, indeed, the Fathers partake in productiveness that they have offspring: his offspring assuredly will be more prosperous.
Insomma, ci sono forti elementi per dimostrare l'uniformità con la tradizione vedica di questi antichi indiani del 2600-2200 a.C. Ora aspettiamo con interesse i risultati dell'indagine sul DNA: se si trattasse di R1a1, questo escluderebbe l'arrivo nel II millennio a.C. dei portatori di questo gruppo genetico e farebbe degli 'Harappani' locali dei probabili 'indoarii'.

domenica 10 maggio 2009

Mille sentenze indiane - I Nobili e i Vili - 2

420. Talvolta il vile si presta al bisogno, non il grande: lo specchio del re stesso è di stagno, non d'oro.

422. Che il mare tenga in basso la perla e in alto l'alga, è colpa del mare: la perla resta(sempre) perla e l'alga, alga.

423. Poiché ti è toccato l'ufficio di arbitra, che razza d'impertinenza è la tua, o bilancia? chi pesa di più, lo metti in basso; chi di meno, lo innalzi.

424. Se una cornacchia insozza la testa di un maestoso elefante, ciò avviene perché tale è l'indole dei vili: l'elefante resta sempre elefante.

lunedì 4 maggio 2009

Sylvain Lévi e René Guénon


René Guénon (ritratto nella foto a destra) è certamente in Italia un nome più noto di quello di Sylvain Lévi (qui a sinistra), grazie alla pubblicazione delle sue opere da parte della casa Adelphi (che d'altronde ha appena pubblicato l'opera di Lévi La dottrina del sacrificio nei Brāhmaņa, con la traduzione della mia collega e amica Silvia D’Intino), e alla sua forte proposta ideologica della 'Tradizione' sotto il segno dell'esoterismo. Guénon non si può considerare un indianista, certo non era un accademico, però seguì i corsi al College de France di Sylvain Lévi, allora massima autorità dell'indologia francese, e presentò alla Sorbona nel 1921 come tesi di dottorato in Lettere la sua Introduction générale à l’étude des doctrines hindoues, come si apprende in un articolo (René Guénon et l'Hindouisme) di Pierre Feuga, che si definisce 'Professeur de Yoga'
(http://pierrefeuga.free.fr/guenon.html#_ftnref15). E' sorprendente leggere che il grande indianista si dimostrò aperto verso la tesi di Guénon, nonostante contestasse l'indologia accademica occidentale. Così si esprime il Lévi a proposito della tesi:
En tout cas, il [Guénon] témoigne d’un effort personnel de pensée qui est respectable et que les philosophes apprécieront ; il apporte une conception curieuse des systèmes philosophiques de l’Inde, qui tout en choquant les indianistes peuvent les inviter à d’utiles réflexions. Enfin, la Faculté donnera une preuve manifeste de son libéralisme en acceptant cette critique violente de la ‘science officielle’ des philosophes comme des indianistes. Je crois donc devoir vous engager, Monsieur le Doyen, à accorder votre visa à la thèse de Monsieur Guénon.
Un liberalismo e un'apertura mentali abbastanza straordinarie per un accademico, considerato il rifiuto di Guénon per il metodo storico e il suo attacco totale all'orientalismo accademico, e tanto più in un'epoca come quella, segnata dal Positivismo. Tuttavia, nonostante tale illustre parere, al Doyen Brunot l'eresia di Guénon dovette apparire davvero eccessiva, e rifiutò l'approvazione.
Secondo il Feuga, Guénon fu poi aspramente criticato dall'indologia francese (in particolare dal fondamentale sanscritista Louis Renou) e nessun universitario si azzarda ad ammettere pubblicamente il suo apporto costruttivo. Del resto, lo stesso Sylvain Lévi, secondo la scarna voce di Wikipedia (http://en.wikipedia.org/wiki/Sylvain_Levi), è stato uno dei primi oppositori di Guénon, "citing the latter's uncritical belief in a "Perennial philosophy", that is, a primal truth revealed directly to primitive humanity, based on an extreme reductionist view of Hinduism."
In effetti, il concetto guénoniano di Tradizione primordiale appare inaccettabile, o almeno inverificabile, da un punto di vista storico-critico, e alcune generalizzazioni di Guénon sull'India e l'Oriente appaiono più frutto delle sue predilezioni che realtà storica; Guénon si muove in un'ottica fortemente 'orientalista' nel senso di Edward Said, affermando il classico stereotipo dell'immobilità dell'Oriente, anche se rovesciando la consueta valutazione negativa di questo fatto in positiva (fedeltà alla Tradizione). Comunque la conoscenza da parte di Guénon del pensiero indiano è vasta e approfondita, e il suo punto di vista vuole essere rigorosamente aderente a quello 'indù' autentico, tanto che - racconta Feuga - il famoso indianista Alain Daniélou, quando presentò l'opera di Guénon a dei Pandit ortodossi, ne ricavò questo giudizio:
de tous les Occidentaux qui se sont occupés des doctrines hindoues, seul Guénon, dirent-ils, en a vraiment compris le sens

venerdì 1 maggio 2009

Mille sentenze indiane - I Nobili e i Vili - 1


414. Gli uomini migliori conoscono da sé stessi la differenza fra il giusto e l'ingiusto; i mediocri, quando è loro insegnata; i pessimi, nemmeno se è loro insegnata.

415. Gli uomini volgari non intraprendono nulla, per paura degli ostacoli; gli uomini di media levatura cessano dall'intrapresa, se un ostacolo sopraggiunge; ma, pur contrastati da ostacoli ripetuti, gli uomini di alto sentire non abbandonano l'impresa assunta.

416. Nell'autunno il nuvolo rumoreggia e non piove; nella stagione delle piogge, piove invece silenzioso: l'uomo volgare parla e non agisce, l'uomo probo agisce e non parla.