A Roma, non lontano dalla Stazione Termini, esiste un bellissimo museo, il Museo Nazionale d'Arte Orientale 'Giuseppe Tucci' (http://museorientale.beniculturali.it/) che ospita, tra le altre cose, una ricca collezione di oggetti dagli scavi archeologici di Shahr-i Sokhta, la 'Città Bruciata', importante sito nell'Iran orientale sul fiume Helmand, ai confini con Pakistan e Afghanistan, scoperto da Maurizio Tosi e risalente all'età del Bronzo (dal 3200 a.C.). L'avevo già citata a proposito dei dadi particolarmente antichi lì scoperti, e qui posso mostrare un'immagine di un dado con pedine che ho potuto fotografare al museo:
Ma l'oggetto che più mi ha colpito nella collezione (non per il valore estetico) si può vedere in questa teca.
E quindi, il supposto arrivo degli Arii con i loro carri e cavalli dalle steppe eurasiatiche verso l'India e l'Iran si rivelerebbe non solo una volta di più un mito, ma un rovesciamento della storia (su simili rovesciamenti, e Sintashta come recettore di impulsi dall'Asia centrale meridionale, se non vera e propria colonia della Battriana dell'età del Bronzo, si veda l'ultimo post di New Indology).
Da notare anche gli zebù a sinistra: animali di origine sudasiatica, già domesticati nella Mehrgarh neolitica, si diffusero nell'Asia centrale almeno a quell'epoca, raggiungendo l'Azerbaijan, la Mesopotamia, l'Anatolia, e forse anche l'Ucraina (vedi questo altro post di New Indology).
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